IPOCONDRIA E PATOFOBIA
Tutti abbiamo paura delle malattie. Perché non dovremmo? La paura di una morte improvvisa o di una prolungata agonia da sempre affligge l’uomo poiché, per quanto questi abbia sviluppato elevate capacità di manipolare la realtà, non è riuscito a gestire né il caso, né la morte.
In epoca moderna queste patologie si sono fortemente evolute: proprio perché abbiamo a disposizione molte più conoscenze e strumenti diagnostici sempre più precisi, la credenza illusoria di controllare qualunque malattia si è così amplificata che patofobia e ipocondria sono tra i disturbi di maggiore crescita negli ultimi decenni tanto da trasformarsi in una sorta di epidemia.
Una sana attenzione alla nostra salute ci permette di prenderci cura di noi stessi, vivere sani, felici e a lungo. Quando però la paura si trasforma in terrore entriamo nel campo della sofferenza e del disagio psicologico. E un dato è certo: la paura delle malattie crea grande sofferenza, fa vivere male, limita intensamente la sfera personale, familiare, lavorativa e psicologica.
Tutti conoscono il termine ipocondria, la potremmo definire come la certezza di avere una o più malattie che in realtà non ci sono. In pochi invece avranno sentito parlare della patofobia o meglio la paura di avere una malattia. Questi due disturbi, apparentemente molto simili, possiedono in realtà strutture completamente differenti.
La paura delle malattie dell’ipocondriaco non è quasi mai monotona, ma in genere varia a seconda dei sintomi corporei di volta in volta percepito o dalle suggestioni assorbite tramite notizie, informazioni, conversazioni avute o esperienze fatte.
La sua caratteristica principale dunque è la mutevolezza della paura, la migrazione dei sintomi e delle cause del problema. La persona ipocondriaca alterna periodi in cui l’attenzione è focalizzata su alcuni sintomi e timori, per esempio la paura di un tumore cerebrale a causa delle vertigini, ad altri in cui cambia il focus della paura, per esempio, la paura di un’infezione intestinale generata da sintomi come il mal di pancia.
I sintomi possono essere focalizzati su singoli organi o su singole patologie.
Le malattie più gettonate sono tumori; disturbi cardiocircolatori (ictus, infarto del miocardio); malattie autoimmuni (sclerosi multipla, sclerosi laterale amiotrofica, leucemia); malattie virali o batteriche (Ebola, Hiv, sifilide); malattie sconosciute.
Il cancro continua a rappresentare la più spaventosa e terribile tra le malattie. Di essa si teme il dolore spesso associato alle cure e l’alto tasso di mortalità che spesso le viene attribuito.
Uno degli aspetti più caratteristici dell’ipocondria è la poca importanza data ai sintomi in sè e la sofferenza provocata dai sintomi è quasi sempre in secondo piano. La persona si lamenta dei sintomi che avverte non a causa della sofferenza fisica (dolori acuti, spasmi, etc.) ma a causa delle potenziali conseguenze che deriverebbero in termini di malattie a esso associate
Le persone che soffrono di questo disturbo sono costantemente spaventate dall’esistenza di una malattia nel proprio organismo. Ne sono sempre alla ricerca ascoltandosi continuamente e sottoponendosi a ripetute visite specialistiche, esami diagnostici fino a veri e propri check up.
La ricerca attenta dei segnali del corpo generano uno stato di forte apprensione emotiva, dubbi mentali e catastrofismo ideativo.
I dubbi più frequenti sono per esempio del tipo “e se , come ho letto su internet, questa spossatezza fosse l’inizio di una sclerosi?; e se le vertigini indicassero che sto avendo un ictus o che si sta formando un tumore nel mio cervello?”
Il dubbio è il principale germe del catastrofismo. Questo consiste nel prevedere, immaginare e percepire i più mortali scenari di malattia. Malattie a progressione lenta e degenerativa, malattie improvvise come un infarto, malattie che provocano gravi disabilità progressive e permanenti come la sclerosi, malattie che portano grande sofferenza fisica e mentale come tumore osseo, del pancreas, sarcomi, malattie sconosciute e inspiegabili per cui non esiste cura.
Il patofobico ha paura di avere o poter contrarre una specifica malattia. Nella patofobia la paura è spesso focalizzata sulla possibilità di contrarre piuttosto che sull’idea di aver già contratto una malattia. Qualsiasi segnale inusuale proveniente dal corpo lo spaventa in modo esagerato perchè potrebbe essere un sintomo preoccupante. Quindi cerca di scacciare questo pensiero che però più viene scacciato più diviene presente e assillante.
Ciò che distingue il Patofobico dall’Ipocondriaco è che il primo usualmente si fissa su una singola e specifica forma di pericolo per la sua salute e la combatte in modo ossessivo. Nella maggior parte dei casi il Patofobico teme le sindromi fulminanti, ma talvolta può fissarsi anche su patologie a lenta progressione, come il tumore o le malattie degenerative.
L’Ipocondriaco, invece va nel panico per qualunque minima alterazione del proprio organismo, trasforma il minimo dolore in sintomo sicuro di una grave patologia organica.
La cardiofobia rappresenta una forma particolare di patofobia. Il paziente cardiofobico vive nel timore costante di morire per una malattia fulminante che riguarda in maniera specifica l’apparato cardio-circolatorio, ad esempio a seguito di un infarto.
Questa paura è irrazionale ed incontrollata in quanto persiste ben oltre gli accertamenti medici effettuati che hanno escluso patologie organiche.
Dal punto di vista della Psicoterapia Breve Strategica, l’individuazione delle tentate soluzioni fallimentari (ovvero ciò che la persona mette in atto per gestire le difficoltà determinando la persistenza del disturbo), rappresenta il punto di partenza per poter intervenire in maniera efficace sul problema; non solo ci permettono di conoscere il funzionamento del problema, ma rappresentano anche la via d’accesso privilegiata per la sua risoluzione.
Ovvero il tentativo di controllo che porta a perdere il controllo. La tentata soluzione principale del cardiofobico è quella di focalizzare in modo ossessivo la propria attenzione sull’ascolto del cuore e dei suoi segnali nel tentativo di avere un controllo sul ritmo del battito, preoccupandosi sia per un ritmo troppo accelerato – tachicardia – che per uno rallentato – bradicardia – o per eventuali dolori sospetti al petto, alla zona del torace e il costato.
Come accade per tutte le forme di controllo rigido e ossessivo che portano però a perdere il controllo, anche in questo caso, il cardiofobico crea un vero e proprio paradosso: più tenta di rassicurarsi controllando il battito cardiaco e più ne altera la funzionalità stessa producendo come effetto un cambiamento nel ritmo cardiaco. Questo innesca ben presto la comparsa della sintomatologia ansiosa o del panico.
Il tentativo di tenere a bada la paura di morire per un problema cardiaco spinge la persona a richiedere numerose indagini specialistiche, dalla visita cardiologica, alla misurazione della pressione, all’elettrocardiogramma. Le rassicurazioni che dovrebbero derivare dai risultati clinici non hanno però l’effetto di ridurre le preoccupazioni e l’ansia.
Il trattamento con ansiolitici o antidepressivi può ridurre l’intensità della reazione ansiosa ma non agisce sulla struttura fobica ed ossessiva del pensiero.
Il cardiofobico mette in atto tutta una serie di evitamenti rispetto a situazioni che potrebbero fisicamente o emotivamente affaticare il proprio cuore. Inizierà a ridurre gradualmente l’attività fisica, a rinunciare alla palestra o alle partite di calcetto, eviterà di fare le scale o di correre, o cercherà di affrontare tutte queste situazioni attraverso delle precauzioni (pause e riposo ad esempio non appena si percepisce un aumento della frequenza) per il timore di sentirsi male.
Tipico nei disturbi fobici è la socializzazione di questi timori, ma parlare continuamente con gli altri produce un effetto paradossale di amplificazione della paura, attraverso le rassicurazioni logiche e razionali di chi circonda la persona che alimentano ancora di più i timori. Se vengo continuamente rassicurato su qualcosa, mi convinco sempre più che esiste un pericolo per cui io debba essere rassicurato.
In Terapia Breve Strategica, proprio per la sua efficacia riconosciuta nel trattamento di disturbi fobici e ossessivi, ci ritroviamo spesso a trattare con successo questa tipologia di problema, che insieme all’ Ipocondria e alla Patofobia, può rappresentare una frequente causa di comparsa di sintomi di ansia e di attacchi di panico.
Il Terapeuta Strategico, dopo aver indagato sulla struttura di funzionamento del problema e individuato le tentate soluzioni fallimentari, pianifica anche in questo caso il suo intervento utilizzando come manovra d’elezione un protocollo di trattamento che, come per tutti i protocolli messi a punto nel Centro di Terapia Strategica di Arezzo, seguono la stessa logica di funzionamento del problema – similia similibus curantur – ovvero tecniche che calzano alla struttura del disturbo, con l’obiettivo di modificare la percezione fobica del paziente rispetto alla situazione temuta.
La manovra principale nella terapia della cardiofobia consiste nel far sentire al paziente l’importanza di un controllo rigoroso e puntuale del proprio cuore “pazzerello” attraverso la prescrizione di precise rilevazioni quotidiane del proprio battito cardiaco.
Questa manovra aggira la resistenza al cambiamento del paziente proprio perchè segue la stessa logica di funzionamento del problema e cavalca il suo bisogno di controllo (si prescrivono monitoraggi pianificati sottraendo potere al controllo derivante dall’ossessione). Ma al tempo stesso guida la persona a scoprire un nuovo modo, questa volta più funzionale, di ascoltare e percepire i segnali provenienti dal proprio cuore.
Attraverso questa manovra terapeutica, unita all’interruzione del circolo vizioso tra tentate soluzioni e persistenza del problema, in un tempo relativamente breve è possibile restituire al paziente una percezione sana e funzionale della realtà.
1. RICERCA DI RASSICURAZIONE
L’idea che conoscere un problema me ne darà automaticamente il controllo è alla base del copione della ricerca di rassicurazione diagnostica.
I due principali esperti a cui rivolgersi sono il dr. Google e il dr. House.
Dr. Google produce l’effetto conferma. Partendo da un timore scatenato da un sintomo che mi allarma, cercherò su Internet tutte le informazioni che confermano la mia ipotesi fino a convincermi della giustezza dei miei timori. Ad esempio se ho paura di avere la sclerosi perché mi sento stanco e spossato, digiterò “sintomi sclerosi” su Internet e dr. Google confermerà i miei timori elencando “debolezza muscolare” e “stanchezza” tra i sintomi più frequenti. Digitare per credere!
Oltre l’effetto conferma troviamo anche l’effetto immedesimazione che consiste nel sentire ciò che si legge. È una forma di autosuggestione in cui ci si immedesima in ciò che si legge. Questo effetto è amplificato dalla consultazione di forum in cui si parla di argomenti medici o specifiche malattie. In questo caso la condivisione di gruppo di un problema mi rafforza la convinzione di soffrirne anch’io. Inoltre molti effetti somatici possono essere addirittura creati dal nulla a partire dall’aspettativa e dalla focalizzazione dell’attenzione. Un esempio è il fenomeno delle parestesie, ovvero la capacità di provocarsi formicolii sulla punta delle dita solo concentrandosi su di esse.
La ricerca di rassicurazione medica si esprime attraverso dr. House mediante visite specialistiche, check up ed esami diagnostici strumentali. Il bisogno di sentirsi rassicurare non viene però mai soddisfatto completamente. Non c’è rassicurazione che tenga! Il paziente ipocondriaco si calma solo per un breve periodo e poi torna “all’attacco” oppure “migra” su altri sintomi.
2. MI SFOGO MA NON MI PASSA
Un ipocondriaco può soffrire in molti modi ma mai in silenzio! La paura di ammalarsi e delle malattie diventa l’argomento abituale di conversazione spesso per ottenere rassicurazione. Peccato che non funzioni, anzi mantiene l’attenzione sul problema amplificandone la percezione, addirittura anche la percezione dei sintomi fisici aumenta!
3. CHI CERCA TROVA
Il continuo ascolto del proprio corpo alla ricerca di segnali allarmanti, patologie, sintomi e dolori determina uno stato di ipervigilanza scatenando improvvisi spaventi al minimo affacciarsi di qualche segnale minaccioso. L’osservazione, il controllo e la prolungata attenzione modificano la percezione delle sensazioni fisiche amplificando l’intensità dei sintomi e dei dolori così come la loro frequenza e presenza. Una volta amplificate le percezioni, l’attribuzione a segni di grave malattia è scontata.
4. PRECAUZIONI ED EVITAMENTO
Il comportamento dell’ipocondriaco è spesso orientato alla precauzione. “Meglio non eccedere con l’attività fisica, anzi evitiamola del tutto!; un viaggio ai tropici? meglio di no, gli ospedali non sono affidabili e vicini!” Quando le precauzioni e gli evitamenti si generalizzano si può strutturare un vero e proprio isolamento relazionale. Ma si possono evitare anche normali controlli medici, cibi considerati pericolosi per la salute, abbandono dell’attività fisica o addirittura evitare persone considerate malate e infettive. Evitare è una sorta di ansiolitico a effetto immediato. La tranquillità che ne consegue è però illusoria e momentanea.
Il principio terapeutico per superare l’ipocondria consiste nel recuperare il contatto diretto con il proprio corpo, senza per questo sostituirsi al medico e alla medicina. È qui che la psicoterapia breve strategica può venirci in aiuto per sconfiggere la paura e riportare l’asia entro un confine gestibile e non più patologico. Con le giuste strategie, è infatti possibile superare la paura delle malattie e convivere con l’idea della morte pur non essendo ancora in grado di risuscitare.
La Terapia Breve strategica risulta molto efficace nel trattamento dell’ipocondria e patofobia, attestando la percentuale di risoluzione completa del problema nell’89% dei casi trattati.
Se il problema dura da tanto ed è molto invalidante, il mio consiglio è di rivolgerti a uno psicoterapeuta.
Ci sono però 3 strategie che puoi mettere in atto e che, se riesci a farle perdurare, ti possono dare già un po’ di sollievo:
la congiura del silenzio è una tecnica di terapia breve e consiste nel non parlare più con anima viva del proprio problema. Infatti, parlarne non fa che aumentare l’ansia e la preoccupazione. Se proprio senti il bisogno di sfogarti, scrivi su un diario giornalmente tutti i tuoi pensieri al riguardo. Osserva una regola precisa: non rileggere mai quello che scrivi.
se vai costantemente dal medico, o anche se lo chiami, stai peggiorando il tuo problema. Smetti di farlo, perché più lo fai, peggio starai. Tanto, come hai già potuto constatare, ogni volta che hai un risultato negativo ti tranquillizzi solo per un po’.
Allo stesso modo, se invece eviti i medici come la peste, ricomincia ad avere un rapporto più equilibrato con loro: più li eviti, più nutri il fantasma dell’ipocondria.
spesso chi soffre per quest’ansia da malattie, chiede rassicurazioni ad amici o parenti, nella speranza di essere consolato. Purtroppo queste consolazioni non servono o durano poco, e come per i controlli medici, finiscono per aggravare la situazione. Ricorda: si parla solo di ciò che è vero per noi. Se chiedi rassicurazioni, stai dando potere all’ipocondria
In Terapia Breve Strategica, una volta indagato il funzionamento del problema e riconosciute le tentate soluzioni ridondanti, ci avvaliamo del protocollo di trattamento messo a punto “ad hoc” per il disturbo specifico sul quale dobbiamo intervenire. Nella fase di intervento, il primo compito è interrompere e neutralizzare le tentate soluzioni fallimentari, proprio perché responsabili del circolo vizioso disfunzionale invalidante e generatore di sofferenza.
Nel caso del paziente ipocondriaco, la manovra di elezione è mirata a “smontare” la tentata soluzione del controllo costante del corpo e viene chiamata “check up ipocondriaco”. Il terapeuta prescrive al paziente di auto-monitorarsi durante la giornata (il numero di volte dipende dai casi) e di annotare ogni volta i sintomi percepiti e le possibili malattie associate a tali sintomi.
Questa “prescrizione del sintomo” genera diversi effetti: innanzitutto, la persona si riappropria di un controllo volontario e funzionale, smettendo di essere preda dell’ossessione; inoltre, la ricerca deliberata dei segnali di malattia negli appuntamenti prefissati e con le modalità prescritte, annullerà le sensazioni spaventose che quei segnali procuravano…sempre che i segnali vengano trovati!. Parallelamente sarà necessario interrompere l’incessante richiesta di rassicurazione attraverso diagnosi e consulti specialistici.
“Quell’agente patogeno, mille volte più virulento di tutti i microbi, l’idea di essere malati”
(Marcel Proust)
Nardone G., 2008 “Solcare il mare all’insaputa del cielo” Ponte alle Grazie, Milano.
Nardone G. 1993”Paura, panico, fobie”Ponte alle Grazie,Milano.